GRUPPO DI STUDIO E RICERCA SUI RITUALI DI TRAZIONE E SOSPENSIONE
COME RADICE DEL MODERNO BODY PIERCING
Trieste, 23 gennaio 2005

Nota APTPI: il seguente articolo non va in alcun modo interpretato come una lezione di tecnica di sospensione. I lettori sono avvisati che le pratiche eseguite e successivamente descritte sono state effettuate da persone pienamente consenzienti, tecnicamente e psicologicamente preparate, per cui ogni tentativo di imitazione va sconsigliato, se non eseguito da persone con la stessa convinzione e preparazione. L’evento non è stato in alcun modo pubblicizzato ne’ reso pubblico prima della reale messa in atto, non con lo scopo di creare una sorta di “nicchia” e per escludere altre persone eventualmente interessate a tali pratiche, ma in quanto prova “sperimentale“, per valutare eventuali successivi appuntamenti con il coinvolgimento di altri partecipanti.

Antropologicamente parlando la pratica del Body Piercing ha origini molto antiche. Oltre ad essere usata a scopi ornamentali o di distinzione tra classi sociali nelle tribù e nelle civiltà antiche di tutto il mondo, essa veniva praticata anche come rito di passaggio, ad esempio per marcare il superamento dell’ età adolescenziale. In alcuni cerimoniali non si “inseriva” necessariamente in maniera definitiva un monile nel corpo per marcare la distinzione dagli appartenenti alla stessa tribù, ma a volte si superava tale evento con una cerimonia più cruenta e allo stesso tempo memorabile, che elevava spiritualmente la persona che si sottoponeva a pratiche di altro genere e che in comune avevano il sangue, il foro e il dolore. Detti rituali venivano e vengono tuttora definiti generalmente come pratiche di trazione e sospensione.

In altri casi, la cui tradizione in alcune occasioni arriva fino ai giorni nostri (vedi il Phuket Vegetarian Festival che si svolge in Thailandia ogni anno nel mese di settembre), il dolore fisico viene usato come accrescimento spirituale per avvicinarsi di più alla divinità adorata oppure come atto di punizione con lo scopo di redenzione dei peccati commessi.
Alcune di queste pratiche consistono in quello che modernamente da noi occidentali viene definito “Pulling”, ossia l’ inserimento di ganci nel corpo con lo scopo di appenderci pesi di vario genere, altre consistono nella trazione tra persone ognuno abbandonando il proprio corpo e lasciandolo in balia dell’altro, mentre altre ancora consistono nella sospensione totale sempre con l’ utilizzo di ganci di vari spessori, a seconda della posizione del corpo, del numero di essi applicato e del peso della persona.
Ora, considerando questi rituali, sebbene molto antichi, molto vicini alla nostra professione, noi cinque Piercers Soci Fondatori A.P.T.P.I. Beppe, Brenno, Bruno, G.P. e Tizio, dopo esserci documentati approfonditamente sugli argomenti sopra menzionati e con anni di pratica alle spalle da parte di alcuni di noi, abbiamo deciso di metterli in pratica sui nostri corpi in un’unica giornata.
Il tutto è stato logicamente eseguito in chiave “moderna” ed in piena sicurezza igienica, ossia con l’ ovvio utilizzo di aghi sterilizzati e monouso, guanti, disinfettanti appropriati e ganci in acciaio 316, con tutte le modalità di lavoro che noi stessi effettuiamo presso i nostri studi per evitare la contaminazione crociata. Nonostante l’ utilizzo di un set-up che si allontana di molto da quello che poteva venire utilizzato in un’ altra epoca, l’atmosfera palpabile nell’aria era molto più “rituale” di quello che ci si aspettava.
Il forarsi l’un l’altro, l’adrenalina sprigionata, l’affidare il proprio corpo nelle mani del “maestro di cerimonia” che teneva la corda per la sospensione, l’essere sollevati da terra con il corpo sorretto solamente da uncini conficcati nella carne, sono sensazioni che a parole risultano molto difficili, se non addirittura impossibili a descriversi.

Sicuramente un’esperienza che non andrà dimenticata e sicuramente ripetuta, migliorando lo standard già elevato creato in questo primo evento.

Il tutto naturalmente è stato preso con molta calma e tranquillità, come del resto questo genere di pratiche vanno affrontate ed è durato circa dieci ore.

Abbiamo studiato e confrontato dapprima i nostri corpi, le nostre reazioni fisiche e psichiche, prima con i fori, poi con il peso dei ganci e infine siamo passati alla sospensione vera e propria. Sono state affinate volta per volta le tecniche e dopo tutto ciò confrontate le nostre esperienze sia come praticanti la sospensione che come contribuenti nel farla praticare agli altri, eseguendo i fori, reggendo l’argano o aiutando il sospeso sia nel “librarsi” che nell’“atterraggio”.

Uno scambio di energia notevole che ha sicuramente rafforzato il rapporto di amicizia già esistente tra noi cinque, correlato da un ottimo servizio video-fotografico dal nostro fotografo e webmaster ufficiale, il già conosciuto Tetrarca.

A titolo tecnico e per i già informati in questo genere di pratiche abbiamo praticato una sospensione ciascuno: tre “Suicide” (per i non adepti sospensione del corpo tramite ganci all’altezza delle scapole) con sei ganci da parte di Beppe e Brenno e quattro di maggiore spessore per quanto riguarda Tizio, una “Koma” (sospensione totale in posizione supina) con diciotto ganci distribuiti su tutto il corpo da parte di Bruno e per finire una “Knee”, ossia utilizzando quattro ganci alle ginocchia per quanto riguarda G.P..

Il Consiglio Direttivo A.P.T.P.I.